La lingua napoletana si è formata lungo i secoli per
un complesso gioco di influenze, assorbimenti,
stratificazioni.
Da quando Parthenope e poi Neapolis assunsero
una posizione importante nell’arco del Golfo, i
processi di formazione linguistica si misero in moto.
Alla lingua dei fondatori arrivarono i molteplici
contributi delle parlate esistenti nei casali e nei
borghi vicini.
Non solo, ma col tempo e lo sviluppo dei commerci,
sul tronco originario si innestarono anche le venature
provenienti da più lontano, dall’Abruzzo o dalla
Puglia, per esempio.
Dalle lingue che si incrociavano, nasceva il
‘napoletano’. Ma l’assorbimento di fonemi,
espressioni, modi di dire, pronunce e costruzioni
sintattiche se da un lato consolidava il ‘corpus’ del
linguaggio partenopeo, dall’altro non snaturava
-se non nei limiti di uno sviluppo naturale- le lingue
e le parlate che contribuivano al ‘parlar napoletano’.
Ogni centro abitato, borgo, casale, villaggio,
conservava la sua identità, frutto a sua volta di
altri complessi meccanismi di fusione.
Una storia affascinante.
Al centro del Golfo,
Torre del Greco partecipava a questa avventura di
civiltà linguistica, comportandosi allo stesso modo
di una spugna pescata nel mar Mediterraneo.
Prendeva e riversava le sue peculiarità fonetiche e
grammaticali, conservando intatto il nucleo originario
della propria specificità.
Un moto oscillatorio durato per secoli e che, come
le onde marine, ha lasciato a riva un gran patrimonio
culturale che va salvaguardato, nell’epoca di troppo
disinvolte globalizzazioni.
Va perciò salutato e apprezzato l’impegno di chi
- sia pure dicendo che lo fa per il solo, legittimo e
gioioso desiderio di entrare in un campo così
appassionante- consente di catalogare e conservare
parole, frasi, modi di comunicare, verbi e toponimi
che appartengono alla storia di una terra segnata
da tante vicende significative e dense di operosa
umanità.
Tanto più che questo libro sembra poter assumere
i caratteri di una ‘prima pietra’ molto importante
nella ricognizione storica e linguistica del territorio
tra il Vesuvio e il mare.
Perché le felici ricerche dell’autore, spiegate con
una semplicità che non sacrifica la profondità dello
scavo, spingono a farsi domande e a porsi
interrogativi.
La parlata torrese fu influenzata in sommo grado
dall’antica lingua greca e latina. Ma quale fu -e certo
ci fu- il ruolo della lingua Osca,tanto misteriosa
quanto presente sul territorio della Campania in
epoca pre-romana? Era osca Pompei, e i
pompeiani conservarono l’influsso della vecchia
lingua anche in epoca imperiale.
E quale fu l’impatto di quel ‘modo’ di parlare sulle
cadenze proprie del linguaggio torrese, arrivate fino
ai nostri giorni? In latino, per esempio, ‘imperatore’
si diceva ‘imperator’.
Ma in lingua osca si pronunciava ‘M’brador’...
Cioè quasi nello stesso modo in cui lo si potrebbe
dire oggi, all’ombra del vulcano...
E in quale misura,
poi, questa tipologia di pronuncia si trasferì nella c
ittà-guida sul territorio, cioè Neapolis?
E’ storicamente accertato che in epoche successive,
dopo alcune pestilenze, la popolazione della
Capitale del regno fu rimpolpata chiamando dai
vicini Casali molti abitanti.
Anche da Torre del Greco. E poi, l’influenza araba,
riscontrabile perfettamente ancor oggi in alcuni
quartieri storici, e dovuta anche allo stanziamento
di truppe saracene.
Si diceva: “Tre so’ li poste della Saracina: ‘a Torre,
Cremano e Resina...’’
Ecco dove ci può portare la
lettura di questo bel libro. Ed è un altro suo pregio.
Mimmo Liguoro
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FORMATO: cm. 14 x 20
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PAGINE: 160
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CODICE ISBN:
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PREZZO: Euro 10,00 |
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Salvatore Argenziano è nato a Torre del Greco,nel 1933.
Ha frequentato le Medie ncoppacristoforocolombo, il Ginnasio
aretutriato e il Liceo Classico Gaetano De Bottis, ammiezatorre
A Torre è rimasto fino al 1960 quando, laureato in ingegneria,
è partito per Milano. Ha avuto amici torresi a centinaia.
Si me putesse vennere l’amici, sarria miliardario. Ha svolto la
professione a Milano, Cagliari, Bologna e Genova.
Attualmente ha ridotto al minimo l’attività professionale e si
diverte a scrivere stroppole sulla Lenga Turrese.
Vive a Bologna con la moglie torrese, Gianna De Filippis,
sposata nel 1962. Ha un figlio e due nipotine, di tredici e di
tre anni che però, peggio pe lloro, non conoscono il torrese.
Tore Argenziano è nato â Torre, abbasciammare, quann’era
u 1933. È ghiuto â scola media ncoppacristoforocolombo, û
ginnasio aretutriato e û liceo ammiezatorre.
 Torre è rummasto nfi’ û 1960, quanno, pigliatase a laurea
‘i ngignere, partette pe Milano. Teneva cumpagni turrisi a
centenara. “Si me putesse vennere l’amici, sarria miliardario”.
Ha faticato a Milano, Cagliari, Bologna e Genova. Mo fatica
quanto meno po’ e se sfizea a scrivere stroppole ncopp’a
lenga turrese. Sta ‘i casa a Bologna c’a mugliera, Gianna
De Filippis, che ha pigliato û 1962. Tene nu figlio e doje
niputelle, una ‘i tririci e nata ‘i tre anni ca però, peggio
pe lloro, nun canoscono u tturrese.
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